Legame molecolare fra dolore, stress
e depressione
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 01 aprile 2017.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
I rapporti fra dolore neuropatico, stress e depressione sono da tempo
oggetto di studio, e già dodici anni fa si analizzava, in particolare,
l’associazione con il disturbo post-traumatico da stress (PTSD)[1]. La
maggior parte delle analisi sperimentali ha indagato i processi che causano lo
sviluppo della depressione in animali esposti a stress protratto, oppure gli eventi che determinano un esito
depressivo nella condizione di dolore cronico. Da decenni, modelli murini hanno
mostrato lo sviluppo di comportamenti ordinariamente considerati equivalenti
alla sintomatologia depressiva per effetto di sofferenza cronica causata da
danno a strutture nervose. E, d’altra parte, da tempo è noto che il dolore
neuropatico attiva i sistemi neuronici dello stress al pari di eventi traumatici e circostanze in grado di
indurre “paure sociali”. Sulle basi cellulari e molecolari di questi rapporti
sono stati raccolti numerosi dati, ma ancora poco è stato definito con
precisione e molto c’è da ancora da conoscere.
Giannina Descalzi e
colleghi del Friedman Brain Institute, presso la Icahn School of Medicine del Mount Sinai di New York, hanno
esaminato le variazioni dell’espressione genica nel cervello in modelli murini
di lesione di nervi o di stress
cronico inducenti depressione. Sono emersi alcuni cambiamenti dell’espressione
di geni codificanti componenti di vie di segnalazione, incluse quelle
dell’infiammazione, che sono stati rilevati in pazienti affetti da depressione,
ansia e dolore.
L’analisi di topi knockout ha suggerito che i cambiamenti molecolari possano essere
conseguenza di variazioni globali nell’acetilazione della cromatina. Gli esiti
di questo studio identificano legami molecolari fra dolore, stress e
depressione, fornendo una base per ulteriori studi e per lo sviluppo di nuovi
strumenti terapeutici.
Descalzi G., et al. Neuropathic pain promotes adaptive changes in gene expression in brain networks involved in stress and depression. Science Signaling 10 (471): eaaj1549 doi: 10.1126/scisignal.aaj1549, Mar 21, 2017).
La provenienza degli autori è la seguente: Fishberg Department of Neuroscience, Friedman Brain Institute,
Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York, NY
(USA).
Già alcuni decenni fa è stata ipotizzata una
componente neurale condivisa fra sofferenza psichica e fisica, quale realtà
biologica che avrebbe agito sulla radice antropologica della concezione stessa
di “dolore morale”[2].
Le prime osservazioni di una stretta relazione fra
dolore e disturbi d’ansia o da stress
sono state di natura clinica: “Probabilmente la prima pubblicazione in cui il
dolore cronico fu ritenuto causa di PTSD fu quella di Benedikt
e Kolb del 1986, in cui si riportava che il 10% dei
225 pazienti in trattamento in una clinica specializzata nella terapia del
dolore, successivamente sviluppava un disturbo post-traumatico[3]”[4].
Il ruolo di agente traumatico del dolore sembra
essere indipendente da fattori culturali “Ma è, in ogni caso, dipendente dall’intensità. Ad esempio, in una ricerca su
pazienti affetti da dolore temporo-mandibolare si dimostrava come questo agisse
da agente stressante maggiore per la sua gravità, in grado di disturbare l’affettività
del paziente e risultare invalidante. Lo sviluppo di ansia, depressione e PTSD
deriverebbero dall’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene[5].
Attraverso questo processo si determinerebbero anche le frequenti associazioni
fra PTSD e dolore pelvico cronico in ginecologia[6]”[7].
“Quando il dolore cronico di natura oncologica o di
altra origine ed il PTSD coesistono si determinano reciproche sinergie che
Sharp ed Harvey hanno schematizzato in un modello di mutuo mantenimento…[8]”[9]
Da un punto di vita evoluzionistico, si comprende
che la reazione dell’organismo a traumi fisici e psichici o a condizioni che
affliggono cronicamente, impedendo l’espressione degli affetti vitali e di
attività rilevanti a fini adattativi, debba essere tale da costringere il sistema di controllo cerebrale,
nell’uomo rappresentato dalla psiche cosciente, ad intervenire per determinare
un cambiamento che protegga da un danno maggiore ed eviti il rischio di morte.
Si tratta di una funzione di assoluto rilievo, che la spinta selettiva legata
alla sopravvivenza non potrebbe rischiare di vedere inficiata da interferenze
fisiologiche o esaurimento funzionale. Per questo, non sarebbe stato sufficiente
un piccolo insieme di neuroni per garantirla. Si tenga conto, in proposito, che
l’elaborazione neurofisiologica del dolore è assicurata da 5 diverse vie
nervose che portano informazioni nocicettive al cervello.
La mediazione del valore negativo e spiacevole delle
sensazioni legate a sofferenza psichica sembra avere una base comune con il dolore
cronico in connessioni discendenti, quali quelle del grigio periacqueduttale.
Recentemente sono state trovate prove che
l’attivazione della microglia dell’ippocampo sia alla base della neurobiologia
comune al disturbo post-traumatico da stress
e al dolore cronico[10].
Nella realtà clinica il dolore neuropatico è una
condizione cronica complessa caratterizzata da vari sintomi sensoriali,
cognitivi e affettivi. Una percentuale significativa di pazienti con dolore
neuropatico è anche affetta da sindromi depressive e disturbi d’ansia secondo
un pattern che nella sua essenza
schematica è stato riconosciuto in modelli animali. Numerosi studi preclinici e
clinici indicano che il dolore cronico corrisponde ad adattamenti in varie reti
cerebrali implicate nella regolazione dell’umore, nell’espressione della
motivazione o costituenti parti del sistema a ricompensa. Inoltre, è nozione
consolidata che lo stress cronico è
uno dei maggiori fattori di rischio di depressione.
Tanto premesso, Descalzi e
colleghi hanno indagato le variazioni dell’espressione genica in due modelli
sperimentali di dolore neuropatico e depressione. In particolare, su topi SNI (spared nerve injury) e CUS (chronic unpredictable stress) hanno realizzato uno studio
dell’RNA (next-generation RNA sequencing)
e un’analisi delle vie (pathway analysis) per
monitorare i cambiamenti dell’espressione genica nei neuroni del nucleo accumbens (NAc),
della corteccia prefrontale mediale (mPFC) e del grigio periacqueduttale (PAG).
Oltre ad aver individuato e definito un profilo di
trascrittoma unico per queste regioni, i ricercatori hanno identificato un
numero significativo di geni associati a vie di segnalazione con variazioni
simili nei topi SNI e CUS. Molti dei geni, per l’elenco dei quali si rimanda
alla lettura integrale del testo del lavoro originale, nello studio di
pazienti, sono stati implicati nella depressione, nei disturbi d’ansia e nel
dolore cronico.
Il valore di questo studio consiste soprattutto nel
fornire una “risorsa dati” del cambiamento dell’espressione genica indotto da
dolore neuropatico di lunga durata in tre distinte e cruciali regioni
cerebrali, quali NAc, mPFC
e PAG, e nell’indicare precise connessioni
molecolari fra dolore e stress
cronico, a lungo accomunati solo per l’attivazione di alcuni sottosistemi
neuronici.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE
E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Cfr. G. Perrella, Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD). Dipartimento di Neuroscienze, Università Federico II, Napoli 2005.
[2] In alcune versioni de L’Esperienza del Dolore, Giuseppe Perrella negli anni ‘80 per la prima volta affronta questo tema, sul quale è numerose volte ritornato dal 2003, in vari scritti e nell’Arte del Vivere.
[3] Benedikt
e Kolb, Preliminary findings on chronic pain and posttraumatic stress disorder.
American Journal of Psychiatry 143
(7): 908-910, 1986.
[4] G. Perrella, op. cit., p. 66.
[5] De Leew et al., Prevalence of traumatic
stressors in patients with temporomandibular disorders. J Oral Maxillofac Surg. 63 (January): 42-50, 2005.
[6] Heim et al. Abuse related posttraumatic stress disorder and alterations
of the hypothalamic-pituitary-adrenal axis in women with chronic pelvic pain. Psychosomatic Medicine 60 (3): 309-318,
1998.
[7] G. Perrella, op. cit., ibidem.
[8] Sharp & Harvey, Chronic pain
and posttraumatic stress disorder: Mutual maintenance? Clin Psychol Rev. 21, 857-877, 2001.
[9] G. Perrella, op. cit., p. 67. Il modello è articolato in 7 punti, si rinvia al testo citato per il loro dettaglio e per il prosieguo della trattazione dei rapporti fra dolore e disturbo post-traumatico da stress.
[10] Sun R., et al., Hippocampal activation of microglia may underlie the shared
neurobiology of comorbid posttraumatic stress disorder and chronic pain. Molecular Pain – Nov 15; 12.pii:
1744806916679166, 2016.